AFforesi illustri
Afforesi illustri e benemeriti
Il nome di Affori compare per la prima volta nella storia, esattamente nel 915, su un documento nel quale si cita l'esistenza di uno sperduto agglomerato di capanne e casupole, un "pagus" il cui nome era appunto "Afori".
Oltre 200 anni dopo, compare nuovamente il nome di Afori allorché nel 1214, sotto il governo di Uberto di Vidalta, Podestà di Milano, i Consigli ed alter persone di Farga, nella Pieve di Seveso, compilano un inventario dei beni di
quella porzione di territorio. i firmatari figura un Rugerium de Afori.
Nel 1301 Galeazzo Visconti, signore di Milano, inoltra domanda al Consiglio di Bergamo tramite un tale Filippo da Afori, uomo sapiente e dotto, suo ambasciatore, per la realizzazione di un canale di irrigazione.
Nel 1407 compare un certo Giacomolo detto "Giolo", calzolaio "de afori", tra un elenco di ribelli.
Nel 1438, in un elenco di lavoratori in Milano, compare un certo falegname Manfredo de Afori, insieme a un certo Stefanino de Afori.
Nel 1458 appare nei documenti del Ducato di Milano un certo Clemente de Afori, come rappresentante dei suoi
concittadini iscritti nelle liste dei poveri.
Il Pittore Giuseppe Molteni
Giuseppe Antonio viene battezzato il 30 marzo 1800 in una chiesa di Affori.
Figlio di Stefano Montani e di Francesca Rossi, Giuseppe non ebbe un'infanzia facile. Infatti tre mesi più tardi alcune truppe francesi, transitando per Affori, distrussero l'Osteria Nuova di proprietà del padre, atto che causò alla famiglia disagiate condizioni economiche e familiari.
Al tempo Giuseppe aveva altri 10 fratelli, ma per le precarie condizioni economiche ne morirono 6.
Alcuni anni dopo il padre si trasferì all'Osteria posta nei rustici della Villa, in via Cialdini.
Il piccolo Giuseppe cresceva coi genitori che erano troppo occupati a sfamare tante bocche per accorgersi della sua inclinazione artistica, finché qualcuno dei frequentatori si accorse delle doti non comuni del ragazzo e aiutò i genitori ad avviarlo agli studi superiori a Milano.
E Giuseppe non li deluse, figurando tra i migliori nelle facoltà artistiche e letterarie, producendo i suoi primi lavori. Man mano che cresceva anche i suoi lavori di affinavano iniziavano ad attirare l'attenzione di critici e pittori già affermati.
Si specializzò nella ritrattistica, aiutato dal pittore veneziano Francesco Hayez. A questo periodo risalgono alcuni ritratti, tra cui quello di Giuseppe Ripamonti, della moglie e del padre dello stesso. Lo stile della sua pittura richiamava la rinomata scuola germanica dell'Overbach.
Appassionato di storia dell'arte e cultore dei classici fu richiesto dalle migliori Gallerie d'arte di Londra e Parigi per restauri di tele pregiate, essendosi specializzato in questo ramo. Uno dei restauri famoso nella sua carriera fu quello del celebre dipinto di Raffaello, "Lo sposalizio della Vergine", esposto alla Pinacoteca di Brera a Milano.
Nel 1835 fu convocato a Vienna per ritrarre Ferdinando I in procinto di essere incoronato imperatore.
A questo periodo risalgono i suoi dipinti migliori, tra cui il ritratto giovanile dell'amico Alessandro Manzoni, quello del giovane Giacomo Poldi Pezzoli, della Contessa Pallavicino, de "La giovane lombarda" e della Marchesa Vittoria Litta Visconti d'Aragona (allora proprietaria della Villa) che, entusiasta del lavoro, lo presentò alla nobiltà milanese.
All'epoca compiva 35 anni e assieme al pittore Giuseppe Bertini ottenne l'incarico da Donna Rosa Trivulzio, madre di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, di indirizzare il figlio giovanissimo verso forme più impegnative di collezionismo nel campo artistico. Sotto la loro guida, Gian Giacomo diede vita a quel gioiello di Museo privato che è oggi il Poldi Pezzoli.
In seguito l'astro del grande Hayez riuscì a prevalere sulla figura di Giuseppe Molteni, e mentre cresceva la sua fama, il Molteni terminò la sua non facile vita di artista in Milano nel 1867.
Il nome di Affori compare per la prima volta nella storia, esattamente nel 915, su un documento nel quale si cita l'esistenza di uno sperduto agglomerato di capanne e casupole, un "pagus" il cui nome era appunto "Afori".
Oltre 200 anni dopo, compare nuovamente il nome di Afori allorché nel 1214, sotto il governo di Uberto di Vidalta, Podestà di Milano, i Consigli ed alter persone di Farga, nella Pieve di Seveso, compilano un inventario dei beni di
quella porzione di territorio. i firmatari figura un Rugerium de Afori.
Nel 1301 Galeazzo Visconti, signore di Milano, inoltra domanda al Consiglio di Bergamo tramite un tale Filippo da Afori, uomo sapiente e dotto, suo ambasciatore, per la realizzazione di un canale di irrigazione.
Nel 1407 compare un certo Giacomolo detto "Giolo", calzolaio "de afori", tra un elenco di ribelli.
Nel 1438, in un elenco di lavoratori in Milano, compare un certo falegname Manfredo de Afori, insieme a un certo Stefanino de Afori.
Nel 1458 appare nei documenti del Ducato di Milano un certo Clemente de Afori, come rappresentante dei suoi
concittadini iscritti nelle liste dei poveri.
Il Pittore Giuseppe Molteni
Giuseppe Antonio viene battezzato il 30 marzo 1800 in una chiesa di Affori.
Figlio di Stefano Montani e di Francesca Rossi, Giuseppe non ebbe un'infanzia facile. Infatti tre mesi più tardi alcune truppe francesi, transitando per Affori, distrussero l'Osteria Nuova di proprietà del padre, atto che causò alla famiglia disagiate condizioni economiche e familiari.
Al tempo Giuseppe aveva altri 10 fratelli, ma per le precarie condizioni economiche ne morirono 6.
Alcuni anni dopo il padre si trasferì all'Osteria posta nei rustici della Villa, in via Cialdini.
Il piccolo Giuseppe cresceva coi genitori che erano troppo occupati a sfamare tante bocche per accorgersi della sua inclinazione artistica, finché qualcuno dei frequentatori si accorse delle doti non comuni del ragazzo e aiutò i genitori ad avviarlo agli studi superiori a Milano.
E Giuseppe non li deluse, figurando tra i migliori nelle facoltà artistiche e letterarie, producendo i suoi primi lavori. Man mano che cresceva anche i suoi lavori di affinavano iniziavano ad attirare l'attenzione di critici e pittori già affermati.
Si specializzò nella ritrattistica, aiutato dal pittore veneziano Francesco Hayez. A questo periodo risalgono alcuni ritratti, tra cui quello di Giuseppe Ripamonti, della moglie e del padre dello stesso. Lo stile della sua pittura richiamava la rinomata scuola germanica dell'Overbach.
Appassionato di storia dell'arte e cultore dei classici fu richiesto dalle migliori Gallerie d'arte di Londra e Parigi per restauri di tele pregiate, essendosi specializzato in questo ramo. Uno dei restauri famoso nella sua carriera fu quello del celebre dipinto di Raffaello, "Lo sposalizio della Vergine", esposto alla Pinacoteca di Brera a Milano.
Nel 1835 fu convocato a Vienna per ritrarre Ferdinando I in procinto di essere incoronato imperatore.
A questo periodo risalgono i suoi dipinti migliori, tra cui il ritratto giovanile dell'amico Alessandro Manzoni, quello del giovane Giacomo Poldi Pezzoli, della Contessa Pallavicino, de "La giovane lombarda" e della Marchesa Vittoria Litta Visconti d'Aragona (allora proprietaria della Villa) che, entusiasta del lavoro, lo presentò alla nobiltà milanese.
All'epoca compiva 35 anni e assieme al pittore Giuseppe Bertini ottenne l'incarico da Donna Rosa Trivulzio, madre di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, di indirizzare il figlio giovanissimo verso forme più impegnative di collezionismo nel campo artistico. Sotto la loro guida, Gian Giacomo diede vita a quel gioiello di Museo privato che è oggi il Poldi Pezzoli.
In seguito l'astro del grande Hayez riuscì a prevalere sulla figura di Giuseppe Molteni, e mentre cresceva la sua fama, il Molteni terminò la sua non facile vita di artista in Milano nel 1867.
Il garibaldino Filippo Migliavacca
Nel 1800 nacque in via Cialdini Filippo Migliavacca, eroe del nostro Risorgimento, poi dimenticato.
Riportiamo qui un brano di un "Album storico-artistico su Garibaldi" intitolato "Garibaldi nelle Due Sicilie, ossia Guerra d'Italia nel 1860, scritta da B.G. con disegni dal vero...", nel quale è riportata l'immagine del vero Migliavacca
(forse l'unica esistente): "...Fra i prodi che furono dal ferro nemico mietuti nelle narrate battaglie, noi ricorderemo in particolar modo Filippo Migliavacca ed Enrico Rechiedei, la morte dei quali fu da tutti udita con duolo, tanto erano per le rare della mente e del cuore virtù, nobile ornamento della Patria! Noi particolarmente li ricordiamo, essendo la loro
vita un bell'esempio da porsi innanzi alla nostra italic gioventù".
Nato da onesto maestro di scuola, Filippo sin dai primi anni aveva dato ottime prove di sé sia negli studi che nella vita domestica.
Nel marzo 1848 si trovava nel Collegio Ghisleri di Pavia, quando, venuto a sapere che in Italia sarebbe scoppiata la rivoluzione, appena diciottenne partì per partecipare alle Cinque Giornate di Milano.
In seguito si iscritte alla LEGIONE degli STUDENTI. Negli anni seguenti prese parte a diverse campagne, divenendo prima Sergente furiere e poi Luogotenente, e stringendo amicizia col superiore Garibaldi.
Si distinse nella difesa di Villa Spada. In seguito alla disfatta di Roma, Migliavacca riparava a Genova.
Qui si dedicò agli studi, e si preparò agli esami di avvocato, superati i quali entrò a far parte dello studio dell'avvocato Giulio Cesare Gabella, uno dei primi del Foro genovese. Spirito caritatevole verso i meno fortunati, nel 1859 si arruolò nei Cacciatori delle Alpi contro gli austriaci. Nonostante fu dato per morto, si seppe al contrario che aveva combattuto a Sesto Calende, a Varese, a San Fermo e a Como. Durante la battaglia di Belforte, eccelse per l'abilità e il coraggio che fece arretrare il nemico, guadagnandosi così il grado di Capitano.
Dopo la pace di Villafranca, seguì Garibaldi e i Medici nell'Emilia, ritornandosene a casa solamente in seguito alle dimissioni di Garibaldi.
Tornato a Milano, qui esercitò abilmente l'avvocatura procurandosi numerosi clienti.
Ma saputo che Garibaldi muoveva in soccorso ai Siciliani, andò a Genova seguito da un gruppo di giovani. Si imbarcò sul "Washington" e giunto a Palermo fu promosso Maggiore. Alla testa del suo battaglione, dopo ripetute prove di valore, cadde a Milazzo. Gli vennero tributati il grado di Tenente Colonnello e la medaglia al valor militare.
Nel 1800 nacque in via Cialdini Filippo Migliavacca, eroe del nostro Risorgimento, poi dimenticato.
Riportiamo qui un brano di un "Album storico-artistico su Garibaldi" intitolato "Garibaldi nelle Due Sicilie, ossia Guerra d'Italia nel 1860, scritta da B.G. con disegni dal vero...", nel quale è riportata l'immagine del vero Migliavacca
(forse l'unica esistente): "...Fra i prodi che furono dal ferro nemico mietuti nelle narrate battaglie, noi ricorderemo in particolar modo Filippo Migliavacca ed Enrico Rechiedei, la morte dei quali fu da tutti udita con duolo, tanto erano per le rare della mente e del cuore virtù, nobile ornamento della Patria! Noi particolarmente li ricordiamo, essendo la loro
vita un bell'esempio da porsi innanzi alla nostra italic gioventù".
Nato da onesto maestro di scuola, Filippo sin dai primi anni aveva dato ottime prove di sé sia negli studi che nella vita domestica.
Nel marzo 1848 si trovava nel Collegio Ghisleri di Pavia, quando, venuto a sapere che in Italia sarebbe scoppiata la rivoluzione, appena diciottenne partì per partecipare alle Cinque Giornate di Milano.
In seguito si iscritte alla LEGIONE degli STUDENTI. Negli anni seguenti prese parte a diverse campagne, divenendo prima Sergente furiere e poi Luogotenente, e stringendo amicizia col superiore Garibaldi.
Si distinse nella difesa di Villa Spada. In seguito alla disfatta di Roma, Migliavacca riparava a Genova.
Qui si dedicò agli studi, e si preparò agli esami di avvocato, superati i quali entrò a far parte dello studio dell'avvocato Giulio Cesare Gabella, uno dei primi del Foro genovese. Spirito caritatevole verso i meno fortunati, nel 1859 si arruolò nei Cacciatori delle Alpi contro gli austriaci. Nonostante fu dato per morto, si seppe al contrario che aveva combattuto a Sesto Calende, a Varese, a San Fermo e a Como. Durante la battaglia di Belforte, eccelse per l'abilità e il coraggio che fece arretrare il nemico, guadagnandosi così il grado di Capitano.
Dopo la pace di Villafranca, seguì Garibaldi e i Medici nell'Emilia, ritornandosene a casa solamente in seguito alle dimissioni di Garibaldi.
Tornato a Milano, qui esercitò abilmente l'avvocatura procurandosi numerosi clienti.
Ma saputo che Garibaldi muoveva in soccorso ai Siciliani, andò a Genova seguito da un gruppo di giovani. Si imbarcò sul "Washington" e giunto a Palermo fu promosso Maggiore. Alla testa del suo battaglione, dopo ripetute prove di valore, cadde a Milazzo. Gli vennero tributati il grado di Tenente Colonnello e la medaglia al valor militare.
Il maestro Luigi Migliavacca
Padre di Filippo, fu uno dei primi che esercitò in Affori la professione dell'insegnamento.
Maestro di scuola elementare, Luigi Migliavacca, seppur non ancora ventenne, non fu da meno del figlio per coscienziosità ed entusiasmo per la professione educatrice verso I ragazzi afforesi affidati alle sue cure.
Luigi Migliavacca fianco a fianco al Parroco Astesani e in comune accordo coi maestri Don Talamoni e Damiano Sala hanno contribuito notevolmente al progresso culturale di Affori.
Majnoni D'Intignano Stefano e Ignazio Majnoni
I cugini Majnoni, pur non essendo originari di Affori, contribuirono notevolmente al miglioramento del nostro comune.
Stefano Bernardo Majnoni (1756-1826):
sposo di Francesca Majnoni, figlia del cugino Ignazio, fu insignito della carica di Direttore della Fabbrica dei Tabacchi durante il Regno d'Italia e fu riconfermato anche dagli Austriaci.
Nella sua famiglia solamente a lui fu concesso il titolo "D'Intignano" ottenuto per riconosciuti meriti.
Amatore d'arte e mecenate di vari artisti, le sue raccolte vennero visitate dai personaggi più illustri dell'epoca (Napoleone, Eugenio Beauharnais, il re di Baviera, l'Imperatore d'Austria Francesco I, il principe di Metternich...).
Si trovò a contatto con la gente di Affori, in cui il cugino aveva proprietà e spesso viveva.
Ricordiamo anche il ricorso inoltrato dall'Oste Montano al gen. Majnoni, anche se l'Osteria Nuova in gestione era di proprietà di Ignazio. Per questo si crede che ad interessarsi del risarcimento fu lo stesso Stefano.
Ignazio (1742-1808):
fu il proprietario del cosiddetto "Casino Majnoni" al quale era annessa l'Osteria Nuova. Fu banchiere in Milano nell'ultimo quarto del '700 e i Majnoni erano anche proprietari di una "Villa di delizia" in Affori e della "Cassinetta di S. Eurosia", in seguito ceduta a Giuseppe Manzoni. Certamente anche in Villa Majnoni non sarà mancata quella vita di società che si svolgeva nella limitrofa Villa Gherardini Litta. In casa Majnoni venivano spesso ospitate personalità del mondo artistico, culturale, politico e soprattutto militare.
L'ing. arch. Ambrogio Annoni
Affori deve molto all'ing. arch. Ambrogio Annoni, uomo di cultura, scienza lettere, per gli appassionati e competenti studi sulla sua millenaria storia, tradizione e sul notevole patrimonio artistico. In molte occasioni, nel corso di questo lavoro, ci siamo affidati agli studi ed agli scritti da lui pubblicati su riviste d'arte specializzate e sul nostro bollettino "La Buona Parola".
Figlio dell'ing. Luigi Annoni, nacque il 16 agosto 1882 e visse la sua infanzia nella Villa Annoni. Oltre all'antichità delle origini (il cognome ANNONE risale al 1500/1600), la sua famiglia godeva di chiara fama e parecchi furono i suoi componenti che si distinsero nella vita afforese, a partire dal padre, l'ing. Luigi Annoni, Sindaco del Comune di Affori nel 1909, ideatore del campanile della Parrocchiale costruito nel 1873.
Ambrogio si laureò a pieni voti e lode in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1908 e gli fu affidata una cattedra di insegnamento su "Caratteri stilistici dei monumenti", di cui fu titolare per ben 45 anni! Ebbe un incarico di presidenza in una commissione delegata al restauro dei monumenti di Milano. Nel 1915 (a soli 33 anni) ebbe la libera docenza in Architettura e Storia dell'Architettura con particolare riguardo allo studio del Restauro.
Numerosi furono gli incarichi affidatigli e le onorificenze raccolte nel corso della sua lunga ed apprezzata attività: fu
Accademico di S. Luca, di Brera, dell'Ambrosiana, Sovraintendente ai monumenti della Romagna in Ravenna e Socio onorario di numerose Commissioni artistiche in Italia ed all'estero.
Nel 1929 a Tokio rappresentò l'Italia al Congresso Mondiale degli Architetti ove si distinse come assertore della moderna tecnica del restauro. Fu allievo di Camillo Borto, di Luca Beltrami e di Gaetano Moretti (di cui sposò la figlia). Collaborò alla costruzione dell'Odeon e del Nido Valdani, studiò e mise in opera la ricostruzione dell'Abbazia di Galliano, l'isolamento della Basilica di S. Ambrogio, il restauro del chiostro di S. Erasmo. Studiò e progettò la ricostruzione della
CA' GRANDA, danneggiata dai bombardamenti. Sotto la sua direzione venne restaurata la Tomba di Dante in Ravenna. Venne a far parte della Commissione Edilizia dell'Accademia dei Virtuosi del Pantheon.
Il 1953, all'età di 71 anni, si congedò dai suoi allievi del Politecnico: per l'occasione, accorsi da ogni dove, i suoi allievi commossi gremirono l'Aula Magna e i corridoi adiacenti. Da allora tenne ancora conferenze a tecnici ed esperti. Ancor oggi apprezzati sono I suoi studi sulle vicende storiche ed artistiche del Duomo di Milano, della splendida facciata e della famosa piazza. Soprattutto a lui dobbiamo un competente studio, sia sulla storia di Affori che sul quadro della Vergine delle Rocce. Molto ammirati anche i disegni, acquarelli e dipinti che tradiscono un animo molto sensibile oltre che una mente profonda. Suo il progetto ed il disegno del tabernacolo con la porticina in metallo dorato
incastonato nell'altare maggiore della parrocchiale. Collaborò anche al progetto per la decorazione completa della stessa. Fu inoltre tra I benefattori più assidui delle opere parrocchiali, degli Oratori e specialmente dell'Asilo Infantile.
Ambrogio si spense ai primi di marzo del 1954 in viale Majno a Milano, all'età di 72 anni.
Padre di Filippo, fu uno dei primi che esercitò in Affori la professione dell'insegnamento.
Maestro di scuola elementare, Luigi Migliavacca, seppur non ancora ventenne, non fu da meno del figlio per coscienziosità ed entusiasmo per la professione educatrice verso I ragazzi afforesi affidati alle sue cure.
Luigi Migliavacca fianco a fianco al Parroco Astesani e in comune accordo coi maestri Don Talamoni e Damiano Sala hanno contribuito notevolmente al progresso culturale di Affori.
Majnoni D'Intignano Stefano e Ignazio Majnoni
I cugini Majnoni, pur non essendo originari di Affori, contribuirono notevolmente al miglioramento del nostro comune.
Stefano Bernardo Majnoni (1756-1826):
sposo di Francesca Majnoni, figlia del cugino Ignazio, fu insignito della carica di Direttore della Fabbrica dei Tabacchi durante il Regno d'Italia e fu riconfermato anche dagli Austriaci.
Nella sua famiglia solamente a lui fu concesso il titolo "D'Intignano" ottenuto per riconosciuti meriti.
Amatore d'arte e mecenate di vari artisti, le sue raccolte vennero visitate dai personaggi più illustri dell'epoca (Napoleone, Eugenio Beauharnais, il re di Baviera, l'Imperatore d'Austria Francesco I, il principe di Metternich...).
Si trovò a contatto con la gente di Affori, in cui il cugino aveva proprietà e spesso viveva.
Ricordiamo anche il ricorso inoltrato dall'Oste Montano al gen. Majnoni, anche se l'Osteria Nuova in gestione era di proprietà di Ignazio. Per questo si crede che ad interessarsi del risarcimento fu lo stesso Stefano.
Ignazio (1742-1808):
fu il proprietario del cosiddetto "Casino Majnoni" al quale era annessa l'Osteria Nuova. Fu banchiere in Milano nell'ultimo quarto del '700 e i Majnoni erano anche proprietari di una "Villa di delizia" in Affori e della "Cassinetta di S. Eurosia", in seguito ceduta a Giuseppe Manzoni. Certamente anche in Villa Majnoni non sarà mancata quella vita di società che si svolgeva nella limitrofa Villa Gherardini Litta. In casa Majnoni venivano spesso ospitate personalità del mondo artistico, culturale, politico e soprattutto militare.
L'ing. arch. Ambrogio Annoni
Affori deve molto all'ing. arch. Ambrogio Annoni, uomo di cultura, scienza lettere, per gli appassionati e competenti studi sulla sua millenaria storia, tradizione e sul notevole patrimonio artistico. In molte occasioni, nel corso di questo lavoro, ci siamo affidati agli studi ed agli scritti da lui pubblicati su riviste d'arte specializzate e sul nostro bollettino "La Buona Parola".
Figlio dell'ing. Luigi Annoni, nacque il 16 agosto 1882 e visse la sua infanzia nella Villa Annoni. Oltre all'antichità delle origini (il cognome ANNONE risale al 1500/1600), la sua famiglia godeva di chiara fama e parecchi furono i suoi componenti che si distinsero nella vita afforese, a partire dal padre, l'ing. Luigi Annoni, Sindaco del Comune di Affori nel 1909, ideatore del campanile della Parrocchiale costruito nel 1873.
Ambrogio si laureò a pieni voti e lode in architettura presso il Politecnico di Milano nel 1908 e gli fu affidata una cattedra di insegnamento su "Caratteri stilistici dei monumenti", di cui fu titolare per ben 45 anni! Ebbe un incarico di presidenza in una commissione delegata al restauro dei monumenti di Milano. Nel 1915 (a soli 33 anni) ebbe la libera docenza in Architettura e Storia dell'Architettura con particolare riguardo allo studio del Restauro.
Numerosi furono gli incarichi affidatigli e le onorificenze raccolte nel corso della sua lunga ed apprezzata attività: fu
Accademico di S. Luca, di Brera, dell'Ambrosiana, Sovraintendente ai monumenti della Romagna in Ravenna e Socio onorario di numerose Commissioni artistiche in Italia ed all'estero.
Nel 1929 a Tokio rappresentò l'Italia al Congresso Mondiale degli Architetti ove si distinse come assertore della moderna tecnica del restauro. Fu allievo di Camillo Borto, di Luca Beltrami e di Gaetano Moretti (di cui sposò la figlia). Collaborò alla costruzione dell'Odeon e del Nido Valdani, studiò e mise in opera la ricostruzione dell'Abbazia di Galliano, l'isolamento della Basilica di S. Ambrogio, il restauro del chiostro di S. Erasmo. Studiò e progettò la ricostruzione della
CA' GRANDA, danneggiata dai bombardamenti. Sotto la sua direzione venne restaurata la Tomba di Dante in Ravenna. Venne a far parte della Commissione Edilizia dell'Accademia dei Virtuosi del Pantheon.
Il 1953, all'età di 71 anni, si congedò dai suoi allievi del Politecnico: per l'occasione, accorsi da ogni dove, i suoi allievi commossi gremirono l'Aula Magna e i corridoi adiacenti. Da allora tenne ancora conferenze a tecnici ed esperti. Ancor oggi apprezzati sono I suoi studi sulle vicende storiche ed artistiche del Duomo di Milano, della splendida facciata e della famosa piazza. Soprattutto a lui dobbiamo un competente studio, sia sulla storia di Affori che sul quadro della Vergine delle Rocce. Molto ammirati anche i disegni, acquarelli e dipinti che tradiscono un animo molto sensibile oltre che una mente profonda. Suo il progetto ed il disegno del tabernacolo con la porticina in metallo dorato
incastonato nell'altare maggiore della parrocchiale. Collaborò anche al progetto per la decorazione completa della stessa. Fu inoltre tra I benefattori più assidui delle opere parrocchiali, degli Oratori e specialmente dell'Asilo Infantile.
Ambrogio si spense ai primi di marzo del 1954 in viale Majno a Milano, all'età di 72 anni.
Gli Osculati
Uno dei primi Sindaci del Comune di Affori fu Antonio Osculati, ed uno dei Deputati Comunali coi quali l'Astesani si scontrò fu Girolamo Osculati - padre del noto esploratore Gaetano.
Notorietà e fama diede alla famiglia il Cav. Emilio, Presidente della Società Anonima degli Omnibus a Milano.
Figlie di Gaetano furono Giuseppina Osculati ved. Astesano ed Emilia, vittime del bombardamento del 10 settembre
1944.
Uno dei primi Sindaci del Comune di Affori fu Antonio Osculati, ed uno dei Deputati Comunali coi quali l'Astesani si scontrò fu Girolamo Osculati - padre del noto esploratore Gaetano.
Notorietà e fama diede alla famiglia il Cav. Emilio, Presidente della Società Anonima degli Omnibus a Milano.
Figlie di Gaetano furono Giuseppina Osculati ved. Astesano ed Emilia, vittime del bombardamento del 10 settembre
1944.
Gaetano: nato a S. Giorgio al Lambro il 25 ottobre 1808 da Girolamo e Maddalena Piatti, ebbe la sua prima educazione presso i Padri Barnabiti di Rho. In seguito, per la sua innata inclinazione verso i viaggi e le scienze naturali, frequentò il corso di matematica e navigazione a Livorno.
Superati brillantemente gli esami, venne nominato Capitano di lungo corso, imbarcandosi su navi mercantili che toccarono i più svariati porti del Levante e dell'Europa. Nel 1831 intraprese alcuni avventurosi viaggi in Asia Minore, Egitto e Palestina. Rientrato in Patria, non volendo passare al servizio delle armate austriache, si imbarcò a Le avre per l'America del Sud e sbarcò a Montevideo. Passò quindi a Buenos Aires e attreversò le Pampas argentine diretto in Cile. Costeggiando la Bolivia, visitò le principali città nel bel mezzo di una guerra civile. Ritornato a Cadice, col suo amico Felice de Vecchi, dottore in scienze naturali e archeologia, si diresse a Vienna ed a Costantinopoli navigando il Danubio. Passarono così in Persia ed in Arabia, e attraversando il Mar Rosso puntarono sull'India. Sbarcati a Bombay si dedicarono a studi e ricerche archeologiche, storiche, etniche e naturalistiche.
Nel 1842, partendo da Aden, passarono da Suez, Il Cairo, Alessandria, Atene, Patrasso, Corfù e giunsero a Trieste il 20 luglio. Durante questo lungo viaggio egli raccolse numerose specie di coleotteri, dandò il via a quelle preziose raccolte che lo resero famoso negli ambienti di scienze naturali in tutta Europa. Nel 1846 si diresse ancora verso l'America esplorando l'Ecuador e fermandosi per alcuni mesi a Quito. Da lì attraversò le Ande e seguì - in prima assoluta - il corso del RIO NAPO dalle sorgenti alla sua foce nel Rio delle Amazzoni.
Nel 1848, avendo saputo della sconfitta degli Austriaci nelle Cinque Giornate di Milano, rientrò con gioia nella propria città!
Dal Rio Napo - che descrisse per primo e del quale disegnò il completo percorso - riportò una pregevole raccolta di coleotteri ed altri animali, classificata in seguito dal famoso naturalista Emilio Carnalia. Raccolse pure un rarissimo erbario che offrì in dono alla Società Geografica Italiana.
Nel 1857 compì l'ultimo suo viaggio in Egitto, Indostan e Cina, al termine del quale si dedicò completamente alla propria famiglia.
Il 18 maggio 1857 l'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo lo nominò Socio Onorario. Il Ministero della Pubblica Istruzione, con Decreto emesso in Firenze il 27 luglio 1867, lo insigniva della carica di Delegato del Mandamento di Affori.
Nel 1880, allorché l'Imperatore del Brasile, Don Pedro D'Alcantara, venne in visita a Milano, volle conoscere personalmente il celebre scopritore delle sue terre. Fu nominato Cavaliere dell'Ordine Mauriziano dal Re Umberto I.
Morì il 14 marzo 1894 e fu sepolto nel Cimitero Monumentale. L'Osculati lasciò al Municipio di Milano la propria preziosa raccolta di coleotteri d'Europa, che, assieme ad altre sue raccolte cedute al
Museo Ernesto Turati, si può ammirare nel Museo Civico di Milano.
Superati brillantemente gli esami, venne nominato Capitano di lungo corso, imbarcandosi su navi mercantili che toccarono i più svariati porti del Levante e dell'Europa. Nel 1831 intraprese alcuni avventurosi viaggi in Asia Minore, Egitto e Palestina. Rientrato in Patria, non volendo passare al servizio delle armate austriache, si imbarcò a Le avre per l'America del Sud e sbarcò a Montevideo. Passò quindi a Buenos Aires e attreversò le Pampas argentine diretto in Cile. Costeggiando la Bolivia, visitò le principali città nel bel mezzo di una guerra civile. Ritornato a Cadice, col suo amico Felice de Vecchi, dottore in scienze naturali e archeologia, si diresse a Vienna ed a Costantinopoli navigando il Danubio. Passarono così in Persia ed in Arabia, e attraversando il Mar Rosso puntarono sull'India. Sbarcati a Bombay si dedicarono a studi e ricerche archeologiche, storiche, etniche e naturalistiche.
Nel 1842, partendo da Aden, passarono da Suez, Il Cairo, Alessandria, Atene, Patrasso, Corfù e giunsero a Trieste il 20 luglio. Durante questo lungo viaggio egli raccolse numerose specie di coleotteri, dandò il via a quelle preziose raccolte che lo resero famoso negli ambienti di scienze naturali in tutta Europa. Nel 1846 si diresse ancora verso l'America esplorando l'Ecuador e fermandosi per alcuni mesi a Quito. Da lì attraversò le Ande e seguì - in prima assoluta - il corso del RIO NAPO dalle sorgenti alla sua foce nel Rio delle Amazzoni.
Nel 1848, avendo saputo della sconfitta degli Austriaci nelle Cinque Giornate di Milano, rientrò con gioia nella propria città!
Dal Rio Napo - che descrisse per primo e del quale disegnò il completo percorso - riportò una pregevole raccolta di coleotteri ed altri animali, classificata in seguito dal famoso naturalista Emilio Carnalia. Raccolse pure un rarissimo erbario che offrì in dono alla Società Geografica Italiana.
Nel 1857 compì l'ultimo suo viaggio in Egitto, Indostan e Cina, al termine del quale si dedicò completamente alla propria famiglia.
Il 18 maggio 1857 l'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo lo nominò Socio Onorario. Il Ministero della Pubblica Istruzione, con Decreto emesso in Firenze il 27 luglio 1867, lo insigniva della carica di Delegato del Mandamento di Affori.
Nel 1880, allorché l'Imperatore del Brasile, Don Pedro D'Alcantara, venne in visita a Milano, volle conoscere personalmente il celebre scopritore delle sue terre. Fu nominato Cavaliere dell'Ordine Mauriziano dal Re Umberto I.
Morì il 14 marzo 1894 e fu sepolto nel Cimitero Monumentale. L'Osculati lasciò al Municipio di Milano la propria preziosa raccolta di coleotteri d'Europa, che, assieme ad altre sue raccolte cedute al
Museo Ernesto Turati, si può ammirare nel Museo Civico di Milano.